Città della Pieve

 

Sei appena sceso da un treno a Chiusi. Chissà, forse vieni da Verona, forse da Roma o da Napoli, però l’importante è la meta. 

Vuoi arrivare a Città della Pieve. Un luogo piccolo, ma non per questo di poco valore. Un paese con diversi angoli suggestivi – che ha attraversato molti anni di storia – ti sta invitando per ammirare tutto ciò che nasconde dentro di sé.

Per noi Città della Pieve è quel luogo in cui riusciamo a condividere molte emozioni ed esperienze: la nostra vita comune, i primi tre anni di liceo – forse poco vissuti – ma ormai essenziali per noi. 

Arrivando alla Pieve ti immergerai in un’atmosfera pittoresca. Il cuore pulsante della città è la scuola, che attrae centinaia di studenti da tutta l’Umbria e la Toscana. Da qui potrai visitare i posti più rinomati della città.

Fra questi c’è sicuramente la Chiesa di San Pietro, un luogo che cattura la tranquillità e, allo stesso tempo, il lato artistico di Città della Pieve. E dopo, per rigenerarti, potrai gustare un ottimo caffè al “Caffè degli Artisti”, uno dei locali più frequentati. 

Per noi questi luoghi sono “la storia” e, quando saremo più grandi, rappresenteranno una parte della nostra adolescenza piena di ricordi; sappiamo che altri ancora ne arriveranno.

Qui non ci sono solo i nostri ricordi, ma anche quelli di donne e uomini che vivono, attraversano e lavorano a Città della Pieve.

Città della Pieve è un luogo magnifico e pieno di ricchezze: ora potrai scoprirle tutte.

 

La stazione di Chiusi

a cura di Anastasia, Lorenzo, Ludovico, Matilde, Sarah
Quale luogo riunisce le persone più di una stazione? 

Donne e uomini di ogni provenienza e di ogni cultura la attraversano in attesa di un nuovo viaggio. Forse è questo che rende la stazione così particolare. È un luogo di transito, nessuno è lì in modo permanente. Attendere alla stazione è come vivere un momento di sospensione del tempo.

Nostalgia di casa, brivido, eccitamento, curiosità. Sono infinite le emozioni che pervadono la sua atmosfera fin dal XIX secolo, anno della sua costruzione. E sono tutte importanti, perché riunite insieme raccontano una storia.

Una storia di vita, di gioie, di dolori e di umanità.

Una storia che merita di essere raccontata.

Benvenute e benvenuti alla Stazione di Chiusi.

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Viaggiando per l'Italia un treno alla volta

Ciao, sono Audrey! Sono una studentessa e al momento sto facendo un Erasmus in Spagna. Studio legge in Messico perché sto cercando di diventare avvocata e, al momento, sto passando le mie vacanze girando per l’Italia. Almeno per ora è stato fantastico. In questo momento sto andando a Roma, e sono già stata a Milano, Venezia, Verona, Siena e Pisa.  Per adesso sto avendo una fantastica esperienza. Non ho mai perso un treno, non sono mai stata a disagio e mi sono sempre sentita al sicuro. Ogni volta che decido di visitare un’altra città posso sempre trovarla sugli schermi e quindi penso che viaggiare in treno qui sia ottimo! Credo che lavorino molto bene e le persone sono fantastiche. Chiedo spesso a lavoratori e altri passeggeri se sono nel treno giusto o verso quale città stiamo andando e tutti sono sempre disponibili ad aiutarmi. 
Dagli anni ’80 a oggi: un viaggio attraverso la Stazione di Chiusi
Lavoro qui da pochissimo. Ho iniziato l’anno scorso per un periodo di quattro mesi e sono rientrata a lavorare di nuovo quest’anno. Mi occupo delle pulizie. Sono finita a lavorare qui dopo una lunga malattia di mia madre, mi sono trovata senza lavoro … a cinquant’anni non è semplice. Una mia amica mi disse che offrivano questo tipo di lavoro. Quindi ho ricominciato con i contratti a termine, sperando che un giorno possa diventare un lavoro stabile. Non mi capita spesso di ritrovarmi alla stazione al di fuori del lavoro, ci vengo giusto per prendere il treno, non lo considero un punto di ritrovo. Quand’ero piccola la stazione di sicuro era un centro nevralgico. Innanzitutto, c’era l’edicola e non essendoci i social, ovviamente, l’edicola era un posto per comprare i giornali, per sapere le notizie; ricordo le prime uscite a quattordici anni con la scusa di venire a comprare il giornale, i fumetti. Insomma, fino agli anni ‘80 è stato un punto di ritrovo. Poi dopo, con il passare degli anni e con la chiusura dell’edicola, la stazione si è trasformata (con la sala giochi, bar, eccetera eccetera). In particolare, mi ricordo che prima tante persone di Chiusi lavoravano alla ferrovia. Tutti i miei vicini di casa, per esempio, erano ferrovieri. Ora vedo parecchi figli dei miei amici che lavorano qui. Sicuramente prima la stazione era un posto più sicuro, c’erano più ferrovieri in giro, sia di giorno che di notte, c’era più polizia in giro, sia di giorno che di notte. Ora la stazione, specialmente di sera, è diventata un posto meno sicuro. Per il resto, mi sembra che ci sia più decadenza rispetto a quand’ero giovane; la vedo meno attiva come stazione, come un po’ tutte le stazioni.
La stazione di Chiusi con occhi diversi
Sono Bartolomeo Giannotti, lavoro qui da due anni come apprendista pizzaiolo. Vivendo qui, ci sto anche più del previsto. Qui può capitare di tutto, ti puoi aspettare di tutto: cose più divertenti e cose meno divertenti. A volte ci sono persone che hanno bevuto un po’ troppo o hanno usato sostanze … ricordo un ragazzo che mangiò un tramezzino con tutta la carta e che si levò il giacchetto per buttarlo dentro al cestino. È un posto tranquillo, anche se ogni tanto passano “questi matti”. È piacevole starci, con tutta la gente che ci gira, insomma, non tutti sono stupidi, è quasi tutta brava gente.
Dal Sud al Nord: un viaggio dettato dall’Amore
Sono di Napoli e vivo in Calabria, sono disoccupato e invalido civile. Mia moglie lavora qui come bidella e io vengo a trovarla. Resto qui quindici giorni e poi torno di nuovo giù. Però qui vengo a trovare gli amici, come il bigliettaio. Il bigliettaio è un amico. Quando vengo qui è come se facessi una vacanza.

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Sonografia "Stazione"

di Anastasia, Lorenzo, Ludovico, Matilde, Sarah | Ri.Generazione

San Pietro

a cura di Alessandro, Clementina, Maia, Melissa, Nicolò, Saduni

Tranquillità, panorama, arte, storia. San Pietro è tutto questo e molto altro.

Di giorno puoi godere sia del lato storico-artistico della chiesa, grazie al magnifico affresco del Perugino custodito al suo interno, che della vista mozzafiato sul paesaggio che si apre sotto la passerella. I turisti rimangono affascinati dallo splendido panorama e dalle tante sfumature di verde accompagnate dai colori ruggine e mattone della chiesa; possiamo capire che a questa particolarità non tutti sono abituati!

Trascorrendo la serata lì, invece, dapprima potrai ammirare il tramonto e poi, di notte, la chiesa illuminata; e rivolgendo lo sguardo verso lo snodarsi delle colline, potrai osservare le lucciole e le stelle che ti incanteranno.  

Questo luogo racchiude, inoltre, le memorie di molte generazioni di persone che si sono succedute vivendo esperienze indimenticabili, e gli abitanti della Pieve che passano da lì si fermano a ricordare e, a volte, a raccontare.

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Grande storia di una piccola chiesa

Don Simone, parroco a Città della Pieve, ci racconta la storia della Chiesa di San Pietro e del suo personale rapporto con essa. In questo luogo sono custoditi gli affreschi del Perugino, tra cui una raffigurazione di Sant’Antonio che, nonostante il recente grave deterioramento dovuto all’aumento delle temperature, continua ad attrarre molti visitatori e fedeli. 

abbiamo scoperto che la chiesa di San Pietro è una delle più antiche della nostra cittadina e ciò è attestato da numerosi documenti e dal cosiddetto “culto dell’inveterato”; ciò significa che questo luogo è oggetto di frequentazione da tanti secoli. Alle vicende della chiesa sono legate anche le confraternite, ovvero associazioni laicali con mansioni di assistenza e di culto; il parroco fa particolare riferimento alla confraternita dei Santi Sebastiano e Rocco che a tutt’oggi è attiva e si occupa della manutenzione della chiesa, dell’accoglienza dei pellegrini e dei turisti. In passato la confraternita della Morte svolgeva funzioni di assistenza ai moribondi e alle famiglie povere che non potevano occuparsi della sepoltura dei propri cari; questa confraternita è stata sciolta nel 1800, probabilmente per il mutamento delle regole in materia cimiteriale. Poi vi era l’associazione delle Arti e dei Mestieri, attiva in Città della Pieve fino alla fine del XIX secolo. Queste confraternite e associazioni hanno lasciato un segno molto importante e la chiesa di San Pietro è stata così un punto di riferimento. Dopo il 1600 la chiesa dei Santi Pietro e Paolo diventò parrocchia, dal momento che a Città della Pieve fu istituita una sede vescovile (attiva fino a poco prima della Seconda guerra mondiale). Nel 1984 la sede parrocchiale venne abolita, riducendo, di conseguenza, la frequentazione della chiesa da parte dei fedeli. Ciò nonostante, molte persone vi si recano per lo splendido panorama che si gode dal piazzale antistante la chiesa e per ammirare l’opera del Perugino. Don Simone racconta che essere un sacerdote gli permette di instaurare legami con coloro che vengono a san Pietro sia per motivi di fede che di pura curiosità. Gli è difficile citare un solo momento memorabile, tuttavia ricorda il periodo in cui l’affresco del Perugino venne restaurato; erano gli anni 2004 e 2005, durante i quali, pur avendo il ruolo di viceparroco, seguì personalmente le fasi del restauro. Fu indimenticabile vedere l’opera d’arte guadagnare una nuova luce grazie alla rivelazione dei ritratti dell’artista Pietro Perugino, dopo che erano stati coperti da diverse superfetazioni nel corso dei secoli. Ciò ha rappresentato per lui una sorta di rinascita e una delle esperienze più belle mai vissute. Secondo Don Simone chi è credente trova in San Pietro la propria fede, mentre chi non lo è può trovare anche un semplice dialogo e ammirare le opere d’arte che sono comunque una finestra che conduce verso l’assoluto. E ora tutti possono meravigliarsi davanti allo splendido panorama pievese che connette l’Umbria alla Toscana, allargando lo sguardo sino al monte Cetona.

Quanti ricordi
Mi chiamo Gabriella Fanfani e sono nata a Città della Pieve il 18 marzo del 1947 sulle scalette di San Pietro, quindi sono una sampietrina doc!

Trascorrere il tempo in questo luogo significa molto per me, perché ho tanti bei ricordi … ricordi di quando ero bambina quando davanti alla piazzetta si giocava insieme con le amiche la sera d’estate e si andava giù a prendere il fresco.

Guardavamo la montagna davanti a noi che, nelle sere d’estate, era piena di lucciole e di stelle ed era molto bello.

E poi a San Pietro sono stata battezzata, mi sono sposata, ho fatto battezzare tutti i miei figli, si è sposata anche una delle mie figlie, ho festeggiato 25 anni di matrimonio. Purtroppo, non ho potuto festeggiare i 50 a causa della pandemia.

Un altro ricordo che ho della Piazzetta di San Pietro è che mio babbo mi comprò una bicicletta e per imparare ad andarci facevo i giri intorno alla piazzetta; la mia mamma non voleva che uscissi sulla strada, perché passavano le macchine – una all’ora, forse – ma comunque imparai ad andare in bicicletta lì davanti. Ogni volta che vedo una bicicletta ci ripenso.

Un altro ricordo riguarda un signore che abitava in una casa davanti alle scalette di san Pietro, lavorava alla fornace e tornava la sera tutto sudato e sporco di rosso dei mattoni. Per lavarsi metteva il catino fuori dalla porta di casa e noi andavamo col secchio a prendere l’acqua alla fontanella che era davanti a piazza Baglioni. Portavamo il secchio d’acqua e lui si lavava lì fuori. Mi ricordo anche del giorno in cui un gruppo di nostri amici quattordicenni andò sul campanile a suonare le campane; per accedere al campanile bisognava salire con una scaletta e noi ragazzine, per fare uno scherzo, la levammo. Ma poi ci venne un pensiero: come faranno a scendere? Per fortuna ci riuscirono! 

Un incontro importante che ho fatto a San Pietro è stato don Oscar, un parroco eccezionale che ricordo con molto affetto.

Per quei tempi era abbastanza moderno: era un sacerdote e quasi un amico, perché con lui si poteva parlare di qualsiasi cosa. Avrete capito che la chiesa di San Pietro è sempre nel mio cuore e quindi vorrei che fosse più visitata, più conosciuta anche dai pievesi stessi,

perché penso che tanta gente non ci viene più perché è fuori mano e questo mi dispiace.

Ricordo quando si preparava la festa per San Rocco, che è il patrono del rione. Si lavorava sopra alla sala della chiesa assieme a tanti amici, tante persone di Città della Pieve alle quali piaceva stare lì in compagnia.

Si preparavano dei festoni fatti con l’alloro e si mettevano in tutti i vicoli del rione, poi si preparavano dei banchetti nei quali si vendeva qualcosa. Si esponeva il santo, si diceva la messa e si faceva una piccola processione.

Grazie al parroco e alle attività che si facevano, la chiesa per noi era un punto di ritrovo; non avevamo altri svaghi e questo era un posto per stare insieme e giocare; quando siamo cresciute c’era qualche filarino lì davanti … quindi era un posto veramente bello e noi ce lo siamo goduto in tutti i sensi. 

Casual meeting
Matteo – So these guys… they were from our school… they are from our school and they would like to do a little interview about what you actually think about Città della Pieve, what about you actually think about this place. I don’t know, if you want, you can just answer some questions.

Tourist 1 – Oh yeah sure

Tourist 2 – OK

Tourist 3 – OK

 *confusione* lol

Matteo – So OK, thanks. What’s your first impact about Città della Pieve? Which are your feelings the first time you came here, what have you felt visiting this place for the… for the first time? And Looking this place, what do you feel?

Tourist 1 – Oh… Oh…this place?

Tourist 2 – Oh not the whole city… just this place

Matteo – Not the whole city, just this place, if you like this place

Tourist 2 – Oh we love it

Tourist 1 -Yes, it’s beautiful

Tourist 3 – City della Pieve is beautiful and we are very glad to see that the reconstruction of the town is getting better and it’ll be fun to visit again one day

Alessandro -OK. And any impressions about this place?… It’s called “San Pietro” and this is a new walk with a view.

Tourist 1 – The view is stunning

Tourist 3 – Beautiful

Tourist 4 – We come from Florida, in United States, very flat, we come from the beach, so we have the ocean, very flat, we don’t see…

Tourist 1 – Here we have all this hills

Tourist 4 – We don’t see the beautiful hills, we don’t see the… the valleys and such beauty that et you have here

Tourist 2 – We don’t have all of these different colors of green. I mean the green is wonderful. Uhm… the garden down there that looks like a formal garden…?

Matteo -Which one?

Tourist 2 – Right down there

Tourist 1 – Oh I see the garden

Tourist 3 – It looks like olive trees

Matteo – Olive trees, yeah

Tourist 2 – Oh OK, OK

Tourist 1 – I think for me, I like the design of… of this walk, and this glass, so that you get a more of a whole panorama, of a view because you have the glass too, you almost feel like you become part of the landscape

Tourist 3 – Oh let me interview you

Maia -Yes, we do

Tourist 3 – This is a very romantic spot to-to come and be with your… your… your…

Tourist 1 – …Friends…

Tourist 3 – …Love

Alessandro -Yeah

Tutti – ah ah ah ah !!

Tourist 2 – And you live here?

Alessandro – Yeah, we live up there

Tourist 2 -You all… all three of you…?

Maia – No, I live in the countryside, a bit uh… far

Tourist 2 – OK

Tourist 1 – Is…in this area your school?

Maia – Yes

Tourist 1 – Is it one school? Like you live in the country, do you go to the same school as people who live in the city?

Maia -Yes

Alessandro-Yeah

Tourist 1 – OK, so it’s one big school
Tourist 1 – Thanks

Maia -Thanks to all of you.

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Sonografia "San Pietro"

di Alessandro, Clementina, Maia, Melissa, Nicolò, Saduni | Ri.Generazione

Il caffè degli artisti

a cura di Diletta, Francesco, Jennifer, Martin, Sara, Tommaso

Via Largo della Vittoria 4: qui si trova il Caffè degli Artisti!

Nella parte esterna potrete accomodarvi ai tavoli e godere della vista sul Santuario di San Francesco; invece, se decidete di entrare, sentirete subito profumo di cornetti appena sfornati e aroma di caffè.

Il locale vi accoglierà con la sua atmosfera rilassata e tranquilla: voci e risate di persone, rumore di tazzine e bicchieri, una leggera musica in sottofondo, baristi allegri e pronti a soddisfare le vostre richieste.

Ma le sorprese non sono finite: se scendete al piano di sotto, scoprirete un’altra sala illuminata da ampie finestre che filtrano la luce, dando alla stanza un’atmosfera molto calda. Questo effetto è dato anche da un particolare affresco raffigurante Città della Pieve.

Per noi il bar è molto importante e rappresenta un luogo tranquillo e spensierato dove si può parlare liberamente, sorseggiare e assaporare cose buone in compagnia.

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Vent'anni di incontri

Considero il bar come una scelta di vita, per me e per la mia famiglia; è un lavoro in cui cerco di creare un progetto, pensando anche al futuro dei miei figli.

Tutti i giorni faccio molti incontri e ognuno è diverso dall’altro; è un continuo andirivieni di ragazzi o persone più adulte che si incontrano, parlano e scherzano, si va avanti così tutta la giornata.

È un lavoro apprezzato da chi ama stare in contatto con la gente e per me lo è; questo è un lavoro che mi ha permesso di crescere come persona.

In questo posto qui, molto tempo fa c’era una rimessa di pullman. In seguito, è stato un negozio di abbigliamento, poi di calzature. Infine, da quasi venti anni è diventato il mio bar.

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Sonografia "Caffè degli artisti"

di Diletta, Francesco, Jennifer, Martin, Sara, Tommaso | Ri.Generazione

La scuola Italo Calvino

a cura di Chiara, Fabio, Luca, Matteo, Noemi

La scuola è l’anima pulsante di Città della Pieve: tutte e tutti noi, tra i 14 e i 19 anni, vi trascorriamo la maggior parte del nostro tempo.

Qui impariamo a relazionarci con le altre persone e, nonostante vi siano ostacoli da superare, rimane il luogo in cui nascono le migliori amicizie e si vivono le esperienze più divertenti.

Grazie alle relazioni umane riusciamo ad affrontare le difficoltà quotidiane, ma non solo: con i compagni e le compagne di classe, con insegnanti e personale ATA costruiamo ricordi ed esperienze.

  Ognuno di noi vive questo luogo a modo suo, in ogni caso qui scopriamo cosa vuol dire impegnarsi per raggiungere i propri obiettivi, crescere, conoscere chi stiamo diventando.  Nonostante proveniamo da posti diversi, troviamo nella scuola Italo Calvino un punto di riferimento importante. Perché, in fondo, essa è davvero una “scuola di vita”: lo è per i professori, che la scelgono per insegnare la propria materia con passione e lo è per noi studenti, perché qui cerchiamo di costruire il nostro futuro.

Nonostante possa essere vista (a volte) come un luogo noioso e brutto, per noi è un posto pieno di persone che lo vivono e lo colorano di emozioni e di storie.

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Incontri significativi

Mi chiamo Luca Pipitone, ho 39 anni, sono di Perugia e insegno lettere al liceo Italo Calvino da circa cinque anni. 

Lavorare in questa scuola ha significato, per me, scoprire una seconda famiglia. Io sono di Perugia e potrei chiedere un trasferimento per insegnare in una scuola più vicina a casa mia, ma ho sempre scelto di restare qui perché è un luogo in cui sto bene.  Perché non è solo un posto fatto di aule, ma soprattutto di persone – colleghe e colleghi, studentesse e studenti – con le quali mi son sempre sentito a casa; da una parte mi hanno stimolato a crescere e migliorare, dall’altra mi hanno anche accolto e riconosciuto. Qui sono contento di stare, così come si sta a casa propria. 

Se scegliessi un solo incontro significativo non renderei giustizia a tutte le persone che ho incontrato. Se dovessi, però, raccontarne uno soltanto, mi torna in mente quello con una classe terza del passato; non perché abbia amato quella classe più di altre, ma perché quando sono arrivato qui era il mio primo anno e alcuni mi presentarono questa classe come una mina vagante, una classe pericolosa, difficile, scontrosa, che aveva creato molte difficoltà. Era il mio battesimo di fuoco e fu un incontro molto felice in realtà, al di là dei primi giorni di studio reciproco. Oltre ad essere la mia prima classe, rappresentò il colpo di fulmine con questa scuola; fu una sorpresa, un incontro che mi arricchì, sia a livello personale che professionale, come poi è successo con tutte le altre classi. Questa la ricordo in modo particolare perché tutto nacque da quella premessa quasi drammatica, ma dopo la diffidenza e i pregiudizi iniziali le cose andarono molto bene.

Inoltre, mi piace tanto poter avere contatti anche con gli studenti che sono usciti dalla scuola, e anche con quelli con cui non c’è più occasione di sentirsi, sento che hanno un posto speciale nella mia memoria. Questo vale per tutte le classi che ho incontrato qui. È come se la mia memoria si dilatasse per ogni classe che io saluto. 

Credo che fare l’insegnante possa essere il lavoro più bello o il lavoro più brutto del mondo. È il lavoro più brutto se lo si fa per sbarcare il lunario, per ripiego o perché si ha l’illusione di avere il pomeriggio libero e tre mesi di vacanze estive. Altrimenti è il lavoro più bello – sebbene difficile e faticoso. È un lavoro che non si esaurisce nel tempo delle ore scolastiche, perché ragazze e ragazzi “vengono a casa con te” simbolicamente, sotto forma di preoccupazione, pensieri e desiderio di far diversamente e di far meglio a livello educativo e didattico. È un lavoro che non finisce mai, non solo di stancare e di mettere alla prova, ma anche di far crescere e arricchirti. Penso di essere un privilegiato sia ad essere un insegnante, sia ad insegnare in questa scuola, con un bel corpo docenti e in una bella struttura, con ragazze e ragazzi in gamba.

Scambio di vitalità
Sono Moira Pattuglia e sono insegnante di religione cattolica nella scuola Italo Calvino; sono mamma di due figli, insegno da più di 20 anni e sono appassionata del mio lavoro! Per me è una grandissima soddisfazione stare a contatto con i ragazzi e quindi trasmettere e ricevere vitalità. Non ricordo un incontro in particolare, perché ogni studente ha lasciato dentro di me qualcosa che sicuramente mi ha arricchito. Ancora oggi mi capita di incontrare studentesse e studenti del passato e ricordare i momenti felici che abbiamo vissuto insieme.  
A contatto con i ragazzi
Sono Enrica Scattini, ho quasi 55 anni. e faccio la collaboratrice scolastica presso il liceo Italo Calvino.
Per me è sempre stato piacevole stare a contatto con studentesse e studenti, per questo apprezzo molto il mio lavoro. È un continuo scambio di esperienze, racconti, buongiorno… forse riesco a insegnar loro qualcosa, ma sicuramente ricevo tutti i giorni qualcosa in cambio e questa è una bella soddisfazione.  Non ricordo un incontro in particolare, ma adesso che ci penso mi torna in mente l’incontro con una ragazza disabile; mi colpì molto la sua dolcezza e tenerezza e averla conosciuta è stato per me motivo di crescita personale
. 

 

Tassello dopo tassello
Sono Giada Croce, ho 18 anni; frequento il liceo Italo Calvino e faccio parte del gruppo di rappresentanti di istituto.

Trascorrere il tempo in questo luogo per me non significa solo andare a scuola e apprendere, ma anche accrescere la mia formazione personale, poiché tutte le persone che incontro ogni giorno mettono un tassello importante, che pian piano si uniscono fino a formare la mia personalità.

Pensando al lavoro di chi insegna, ritengo che, prima di tutto, debba riuscire a trasmettere nuovamente a noi studenti quel senso di leggerezza che, a causa del covid, è venuto a mancare. Abbiamo bisogno di qualcuno che ci valorizzi e che dia importanza al nostro ruolo; in questo senso, penso che sia necessario riformare il sistema scolastico, sono nati nuovi bisogni e pensiamo che debbano essere soddisfatti.

Un ricordo bello è sicuramente l’assemblea di istituto che abbiamo organizzato a marzo di quest’anno; il tema era il carnevale e ciò ha contribuito a risvegliare quel senso di normalità che per due anni e mezzo è venuto a mancare. Durante quella giornata c’è stato di nuovo un senso di unità tra le classi e finalmente ho visto gli studenti e le studentesse divertirsi.

Tra gli incontri importanti fatti a scuola, penso a quello con il collaboratore scolastico Fabrizio. Non so se lui si rende conto del fatto che ogni giorno riesce a strapparci un sorriso ricordandoci che, in fondo, siamo ragazze e ragazzi dai 14 ai 19 anni e che dobbiamo vivere la nostra adolescenza, senza caricarci di un peso più grande di noi sulle spalle. Penso che sia una persona con dei grandi valori.

 

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Sonografia "Scuola Italo Calvino"

di Chiara, Fabio, Luca, Matteo, Noemi | Ri.Generazione

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